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Licenziato per ‘uso improprio di Facebook’

Secondo un’indagine di Adecco denominata “Work Trends Study”, che in Italia ha coinvolto 2.742 candidati e 143 reclutatori, 1 candidato su 3 viene escluso dalla possibilità di essere assunto per “uso improprio di Facebook”. Foto imbarazzanti, contenuti inopportuni, condivisioni e appartenenza a gruppi inadeguati, possono, in un numero di casi sempre crescente, portare anche al licenziamento.

Dovremmo forse ripensare alla separazione che spesso si fa tra identità virtuale ed identità ‘reale’. Se prima definivamo identità come tutto ciò che riguarda l’individuo nella sua entità distinguibile e riconoscibile dagli altri all’interno di determinati contesti sociali, culturali e professionali, oggi dobbiamo aggiungere a quest’ultimi anche il contesto “virtuale” che internet ha generato.

Arnold Roosendaal conia il termine “persona digitale”, con il preciso intento di andare ad eliminare quello scarto tra virtuale e reale, definendola come “la rappresentazione digitale di un individuo reale, che può essere connessa a questo individuo comprendendone una quantità sufficiente di dati rilevanti, per essere usata come delega dell’individuo”. Quindi, in una realtà in cui non esistono più nickname dietro ai quali nascondersi, ritenere la nostra presenza su Facebook o Twitter meno reale di quanto possa essere la nostra persona ‘in carne ed ossa’ non ha più senso di esistere.

Anche giuridicamente la distinzione non esiste più, come dimostra la sentenza di un giudice del tribunale di Monza (Tribunale di Monza, IV sez. civile, 2 marzo 2010 n.770): “Coloro che si iscrivono a Facebook sono ben consci delle grandi potenzialità offerte dal sito, ma anche delle potenziali esondazioni dei contenuti che vi inseriscono”.

Far coincidere le nostre due rappresentazioni, reale e digitale, fa scaturire nell’individuo una nuova responsabilità e consapevolezza di sé, significa prendersi il carico di essere se stessi ed esserlo al meglio. E, dato che il mondo virtuale sembra diventare sempre più predominante, è buona cosa tenere comportamenti ed atteggiamenti corretti sia offline che online.

Pensare ai nostri profili social non più come un’immagine astratta o distante da noi, o come una vetrina virtuale dove tutto ci è concesso, ma come una reale finestra su ciò che siamo potrebbe salvaguardare il nostro posto di lavoro o aiutarci a trovarne uno!

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