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Se i topi giocassero con la Realtà Virtuale, cosa succederebbe?

Per indagare le attivazioni cerebrali alla base del perché alcuni ricordi rimangono con noi mentre altri si allontanano, si è proposto di far giocare dei topi con la Realtà Virtuale e di osservare il loro cervello. 

Proprio così: grazie ad una palla in polistirolo e un sistema di ricompense, si è spinto i topi a giocare per indagare la loro memoria a lungo termine. 

Uno sguardo allo studio scientifico: cosa c’entrano i topi?

Una ricerca su Cell ha deciso di esplorare la neuroscienza alla base di un concetto molto popolare negli studi sulla memoria. Perché alcuni ricordi rimangono con noi mentre altri no?

Questo studio ha portato a costruire un setting sperimentale che permettesse agli animali, in questo caso ai topi, di giocare con la Realtà Virtuale. I ricercatori, nel mentre, osservavano la loro attività cerebrale.

Sembrerebbe infatti che una regione del cervello, non tipicamente collegata alla conservazione della memoria può svolgere un ruolo fondamentale nel decidere cosa viene ricordato nel lungo termine.

La rappresentazione neurale di due scene identiche differisce a seconda di dove la si percepisce ed è influenzata dalle esperienze passate e dalla memoria. Queste rappresentazioni viaggerebbero poi verso le cosiddette “aree di associazione”, dove si combinerebbero con i ricordi e le aspettative per produrre le percezioni.

L’inibizione del talamo anteriore non ha impedito ai topi di apprendere, senza trasferire la conoscenza nella memoria a lungo termine. Sotto stimolazione sono riusciti  a ricordare più a lungo il luogo delle ricompense migliori anche se apparentemente era stata dimenticata. 

I topi giocavano davvero ai videogiochi?

Gli animali dalla loro postazione su palline di polistirolo riuscivano a decidere la direzione in cui andare all’interno della Realtà Virtuale.

In base all’ambiente esplorato potevano ricevere tre ricompense/punizioni reali: 

  • acqua zuccherata illimitata, 
  • una piccola quantità di acqua zuccherata
  • sbuffo d’aria in faccia. 

Diversi segnali come immagini o suoni erano utilizzati come indicatori della ricompensa. Perché? Per permettere loro di imparare dove avrebbero trovato l’acqua migliore o quando avrebbero dovuto difendersi dallo sbuffo.

Una speciale imbragatura aiutava i topi a non cadere e a tenerli posizionati di fronte a quello che potremmo definire un mini-visore vicino all’area in cui avrebbero tenuto gli occhi, una cannula per gli odori e un grande schermo circostanze per aiutare la costruzione ambientale.

La reazione del topo è stata sorprendente! Quasi fosse immerso nella realtà, si è lanciato all’esplorazione seguendo gli indizi ambientali: la rappresentazione che si crea nel loro cervello sembrerebbe simile a quella dell’essere umano.

Realtà Virtuale e animali: dal passato al futuro

Non è la prima volta che siamo di fronte all’utilizzo di Realtà Virtuale sugli animali. Ma è la prima volta che questa apre la frontiera alla ricerca scientifica.

Qualche anno le mucche utilizzarono la Realtà Virtuale per aumentare la produzione di latte: sicuramente un utilizzo non etico e impossibile in Italia, che ha però aperto le frontiere ad un importante quesito. Gli animali percepiscono la Realtà Virtuale come gli esseri umani?

Da questo quesito in poi la scienza ha fatto enormi progressi. Ha deciso di costruire metodologie e apparecchi ad hoc per capirne le potenzialità senza sfociare nello sfruttamento.

Dai videogiochi, alle immagini statiche, ricreare la realtà attraverso il virtuale è diventata la chiave delle ricerche future per permetterci di ampliare le possibilità di intervento e le situazioni.

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