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Elaborare un trauma rivivendolo in Realtà Virtuale: la storia di Luciana

Elaborare un trauma rivivendolo in Realtà Virtuale: la storia di Luciana

Ricostruire la propria vita quando si pensa di aver toccato il fondo non è sicuramente un gioco da ragazzi, specie quando il fondo si chiama prigione. Su queste basi prende piede la storia di Luciana, ex detenuta del carcere femminile di Rebibbia che grazie alla Realtà Virtuale ha potuto affrontare il suo passato e ripartire con fiducia e coraggio.

Ma facciamo un passo indietro.

Estate del 2016: Luciana ha 21 anni e sta viaggiando dal Brasile dal quale le viene chiesto di trasportare una valigetta in Svizzera.

Il problema è che il bagaglio nasconde, nel suo rivestimento interno, un carico di droga.

Il volo fa scalo a Fiumicino dove la ragazza viene scoperta, arrestata e portata nel carcere femminile di Rebibbia.

Un momento che ha segnato profondamente la vita di Luciana ma che la ragazza ha potuto processare ed elaborare rivivendolo in un ambiente virtuale costruito ad hoc.

Rivivere la propria storia nei panni di un’altra persona

Merito del progetto STEPs, che ha coinvolto il Cpia1 di Roma, centro provinciale per l’istruzione degli adulti, nell’ambito del programma Erasmus KA2. 

Tale iniziativa offre ai detenuti supporto ed esperienze riabilitative allo scopo di allontanarli da emarginazione, crimine e disoccupazione.

Incoraggiata dalla professoressa Marina Tutino, una delle fautrici del progetto, Luciana scrive la sua storia, la quale sarebbe diventata poi materiale narrativo per un’esperienza di Realtà Virtuale.

Nasce così Karla’s Story, un’esperienza in Realtà Virtuale in cui, attraverso una protagonista di nome Karla, viene ripercorsa la storia di Luciana: dal momento dell’arresto agli anni passati in carcere.

Indossando il classico casco per la Realtà Virtuale, Luciana ha rivisto sé stessa nelle vesti di Karla, rivivendo il momento dell’arresto così come, muovendosi nello spazio virtuale, i quadri prodotti durante gli anni tra le sbarre.

Rivivere la propria storia nell’ambiente virtuale ha suscitato una forte reazione emotiva ma anche un po’ di naturale sconforto.

Quel momento le ha segnato la vita ma ritrovarselo ricostruito e adattato, con un’attrice nei suoi panni, è stato sicuramente scioccante ma anche fortemente d’aiuto.

Infatti, come riferisce la professoressa Marina Tutino, Luciana ne è uscita con nuove consapevolezze, frutto di una sorta di elaborazione del trauma che le ha permesso di rifarsi una vita lasciando il passato alle spalle.

L’ambiente virtuale

Ogni unità di realtà virtuale fornisce la possibilità al prigioniero o ex-prigioniero di spostarsi fra gli ambienti virtuali con dispositivi specifici.

Navigando per gli ambienti virtuali, gli utenti troveranno una serie di elementi correlati al proprio profilo e alla loro storia.

Di solito questi oggetti sono legati alla causa della prigionia, al reato, come: articoli di giornale, foto, narrazioni o video.

Gli elementi esatti che si adattano al profilo dell’utente vengono selezionati e caricati nel framework dall’organizzatore della sessione.

Gli utenti indossano gli occhiali e le cuffie vr e iniziano a interagire con l’ambiente.

Possono scegliere un determinato oggetto e ascoltarlo, guardarlo o leggerlo.

Dal canto suo, l’unità vr monitora durante l’esperienza comportamenti e scelte dei partecipanti.

Queste informazioni vengono poi caricate direttamente nella sottounità statistica della piattaforma rendendo i dati disponibili per le successive elaborazioni.

Come si racconta un reato?

La riabilitazione psicologica dei detenuti tramite RV si ispira al cosiddetto teatro documentario.

Il teatro documentario è un teatro che utilizza materiale documentario preesistente (giornali, rapporti governativi, interviste, giornali e corrispondenze) come materiale di partenza per storie su eventi e persone reali, spesso senza alterare il testo durante la performance. 

Il genere comprende tipicamente o è indicato come teatro letterale , teatro investigativo , teatro dei fatti , teatro della testimonianza, teatro autobiografico ed etnodramma.

Gli attori in scena, cominciano a vivere loro stessi nell’edificio e si immergono per novanta minuti nella vita degli altri, seguendo la prospettiva personale dei protagonisti.

Un po’ come è accaduto a Luciana.

Cara Luciana, il futuro è nelle tue mani

Oggi Luciana vive una nuova vita, fuori dal carcere, dove piano piano ha cominciato a costruirsi un nuovo futuro mettendosi alle spalle questo episodio difficile.

Attualmente ha trovato lavoro in un ristorante dove, mostrando le sue capacità, svolge il ruolo di aiuto cuoco a tempo pieno.

All’inizio non è stato facile, anche per il timore che le persone potessero giudicarla per il suo passato.

Ma con coraggio, amor proprio e fiducia nel futuro, Luciana ha potuto mettere alle spalle questo capitolo della sua vita.

Un esempio di quello che il carcere dovrebbe essere: un luogo di rieducazione e reinserimento nella società.

E la Realtà Virtuale sembra poter giocare un ruolo assai funzionale per questo scopo.

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