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montagne russe

Una corsa virtuale sulle montagne russe ci dice in che modo il cervello elabora le emozioni

A sinistra e a destra, il paesaggio scorre pigramente, di fronte, invece, una placida pista. 

Ma all’improvviso scoppia un incendio e la tensione cresce. 

La corsa raggiunge il suo apice, una volta arrivati sulla cima più alta c’è solo una cosa davanti a te: l’abisso. 

Un abisso che arriva fino alle profondità più oscure e inesplorate della terra. 

Questo è lo scenario che un gruppo di partecipanti ad un recente studio presso il Max Planck Institute for Human Cognitive and Brain Sciences (MPI CBS) di Lipsia, ha vissuto.

Ma non nella vita reale, bensì virtualmente, con l’ausilio di un casco per la Realtà Virtuale.

Lo scopo della ricerca era scoprire cosa succede nel cervello dei partecipanti mentre vivono situazioni emotivamente coinvolgenti.

Un turbinio di emozioni al Luna Park virtuale

Ecco perché 37 giovani adulti hanno completato questa esperienza immersiva in Realtà Virtuale, mentre la loro attività cerebrale veniva registrata tramite EEG. 

Generalmente, per scoprire come il cervello umano elabora le emozioni, i ricercatori si limitano semplicemente a mostrare immagini con una forte carica emotiva e a registrare l’attività cerebrale che ne scaturisce.

Tuttavia, molto spesso queste sessioni non stimolano esperienze emozionali particolarmente intense, in quanto richiamano solo vagamente le emozioni provate in un’esperienza reale.

Questo perché le emozioni trovano la loro massima manifestazione nell’esperienza intesa come esperire qualcosa nel presente richiamando un qualcosa nel passato.

Dunque, è particolarmente importante creare situazioni che siano percepite più realmente possibile.

Solo in questo modo possiamo presumere che l’attivazione cerebrale misurata simultaneamente si avvicini a quella che avviene nella vita reale, al di fuori del laboratorio. 

Ed è a questa esigenza che la Realtà Virtuale offre una soluzione.

Infatti, immergendosi in scenari dinamici e interattivi, le persone possono sperimentare situazioni vicine alla realtà, evocando così un’esperienza emotiva in modo più naturale.

È tutta una questione di onde 

Passando al versante neuroscientifico, i risultati dell’attuale studio hanno mostrato che il grado di eccitazione emotiva di una persona può essere rappresentato come una forma specifica di attività cerebrale ritmica, definita oscillazione alfa. 

Minore è la forza di questa oscillazione nel segnale misurato dall’EEG, maggiore sarà il grado di eccitazione.

Utilizzando termini più tecnici, gli studiosi hanno sondato il legame tra eccitazione emotiva, esperienza affettiva, e il potere alfa parieto-occipitale,

Il tutto stimolato con esperienze ai limiti del non reale.

Detto invece con parole semplici, il gruppo di ricerca ha potuto determinare quanto fortemente una persona vive una specifica situazione dal punto di vista emotivo anche in base all’area del cervello attivata. 

A loro volta, i partecipanti hanno valutato continuamente il loro livello di eccitazione emotiva riguardando alcuni replay della loro esperienza.

Questo ha permesso ai ricercatori di capire se le sensazioni soggettive durante la corsa fossero coerenti con i dati misurati dall’attività cerebrale.

Inoltre, per la valutazione, i ricercatori hanno utilizzato diversi modelli di apprendimento automatico per prevedere le sensazioni soggettive nel modo più accurato possibile dai dati EEG. 

E in futuro?

In futuro, potrebbe essere possibile applicare questa metodologia e questi risultati e ad applicazioni pratiche che vadano al di là della ricerca di base. 

I terapeuti potrebbero, ad esempio, ideare una soluzione che permetta di ottenere una visione in presa diretta dell’esperienza emotiva scaturita dall’esposizione ad una situazione stimolante anche al di fuori del laboratorio.

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