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Nativi digitali e immigrati digitali: quali differenze?

Il ruolo del genitore è un mestiere che, studiosi e non, concordano nel definire uno dei più difficili del mondo.

A ragion veduta…

A complicare le cose non ci sono però solo questioni educative e/o affettive, ma anche aspetti legati alle difficoltà di comunicazione tra due generazioni assai diverse.

In questo senso, i linguaggi, le dinamiche di comunicazione e comprensione, spesso diversi tra adulti e ragazzi e specchio di mutate generazioni, si fanno ancora più complessi nell’epoca di Internet, un mondo dove i figli entrano a contatto, potenzialmente fin da piccoli, con tecnologie e schermi di tablet e smartphone.

Ma c’è differenza tra l’essere nati in un’epoca precedente alla diffusione delle tecnologie e l’essere nati nell’”era tecnologica”? 

Nativi ed immigrati digitali

Per lo scrittore e ricercatore statunitense Marc Prensky la risposta sembra essere un forte e convinto “sì”. 

Non a caso, fu proprio Prensky a coniare nel 2001 l’espressione “digital natives” (nativo digitale) nel suo articolo “Digital Natives, Digital Immigrants”; 

Egli, in particolare, con queste espressioni, intendeva diversificare due categorie di soggetti: 

  • il primo, quello dei nativi digitali, identifica persone nate e cresciute assieme alle tecnolgie digitali quali computer, Internet, telefoni cellulari ed MP3; 
  • il secondo, ovvero gli immigrati digitali, indica un gruppo di persone che è nato precedentemente alle tecnologie digitali e si è abituato ad utilizzarle in età adulta.

Ma esattamente, quali differenze di utilizzo incontrano queste due categorie? 

Per spiegare il diverso tipo di approccio, Prensky ricorre ad una efficace analogia, quella della lingua madre rispetto a lingue imparate successivamente. 

Per i nativi digitali la tecnologia è una sorta di “lingua madre”, appresa ed utilizzata fin dalla nascita; invece per gli immigrati digitali, essa è come “lingua straniera”, un nuovo linguaggio da imparare completamente da capo. 

Attraverso questa analogia, viene evidenziato il diverso sforzo che i due gruppi devono fare per utilizzare le nuove tecnologie: per i nativi digitali è uno sforzo quasi del tutto inesistente.

Dunque, anche dopo aver imparato questo nuovo modo di comunicare, restano comunque delle differenze di utilizzo, negli immigrati digitali rimane una sorta di traccia dell’“accento nativo”, come appunto accade per le lingue diverse da quella madre. 

Questo fatto si manifesta attraverso comportamenti che comunque rimangono immutati nel tempo, per esempio l’immigrato digitale preferisce stampare le email e leggere il manuale prima di utilizzare un nuovo software.

La carta di identità dei nativi digitali

Per quanto riguarda i nativi digitali, emergono nuove caratteristiche:

• Pensiero veloce: attraverso Internet, l’acquisizione di informazioni è diventata strettamente facile e veloce. Si ha quindi un cambiamento del persiero che da verticale diventa orizzontale, cioè più superficiale e meno approfondito. Ne derivano una riduzione delle capacità attentive e una minore memoria, a causa del sovraccarico informativo.

• Multisensorialità: costante bisogno di nuovi stimoli sensoriali per mantenere attiva l’attenzione.

• Multitasking: il cervello risulta impegnato in azioni simultanee; per esempio i nativi digitali studiano mentre ascoltano musica e chattano sui social network. Anche in questo caso la diretta conseguenza è un calo significativo dell’attenzione.

  • Connessione 24 ore su 24: necessità di essere connessi ad Internet giorno e notte per controllare notifiche o messaggi.
  • Approccio open source e cooperativo: l’apprendimento non è più un’azione individuale ma avviene attraverso la condivisione delle informazioni sulle rete.
  • Linguaggio impoverito: si scrive molto più spesso (messaggi, post…) ma si fa meno attenzione alla forma sintattica della frase e al lessico utilizzato. Il linguaggio viene semplificato e ridotto per velocizzare la comunicazione, ma ne deriva un forte impoverimento.

Genitori vs. figli

Una branca piuttosto recente della psicologia si sta velocemente arricchendo proprio in merito alle dinamiche di sviluppo attorno a Rete e tecnologie. 

Tale è la cyberpsicologia di cui Giuseppe Riva ha parlato nella pubblicazione per la collana ‘Genitori si diventa’, offrendo così una chiave di lettura che illustri ai genitori di oggi anzitutto la differenza tra l’essere nativi digitali, come i loro figli, ed essere “immigrati digitali”, come è il loro caso.

Uno scarto che può sembrare banale e che crea, invece, una diversità di schemi, codici, espressioni.

L’essere nativi digitali, spiega Riva, ha ovviamente degli effetti positivi, come la facilità nell’utilizzo degli strumenti ed un’immediata comprensione delle loro potenzialità, ma anche negativi, come un ‘analfabetismo emotivo’ nei ragazzi, che porta ad una fruizione delle emozioni più isolata e basata sulle esperienze degli altri piuttosto che sulle proprie. 

Un antidoto alla chiusura nel mondo digitale, che i genitori possono e devono aiutare a comprendere ai propri figli, può essere la condivisione nella vita vera, appunto con la famiglia o, se si ha difficoltà ad aprirsi, in un diario con racconti delle proprie esperienze.

Social network e videogiochi

Il compito di genitori di nativi digitali può rivelarsi un percorso ad ostacoli tra domande spinose spesso legate all’età dei propri figli, da quella più appropriata per l’avvicinamento agli schermi di tablet e smartphone (con studi scientifici ancora divisi su pro e contro) a quella più ‘giusta’ per il primo cellulare. 

Riva consiglia di istituire delle regole, una sorta di contratto con il figlio, soprattutto nel passaggio da bambino ad adolescente, affinché possa avvicinarsi al web o anche ai videogiochi al pari dei suoi coetanei ma sempre di modo che i genitori possano esercitare una sorveglianza amichevole.

Con i social network, poi, ci si inerpica in dinamiche delicate: accettazione di sé stessi e della propria immagine, cyberbullismo, amore 2.0, rischio delle dipendenze. 

“La solitudine dei nativi digitali” suggerisce dei preziosi Decaloghi sulle cose da fare e da non fare, per quanto impossibile sintetizzare e ridurre ad una casistica unica la complessità del parenting e delle relazioni, anche familiari, nella società di oggi. 

Grazie però alla ‘psicologia dei nuovi media’ si possono osservare da sempre più vicino, prevedere e conoscere, i processi di cambiamento nei ragazzi che hanno la loro principale origine nell’interazione con i media digitali, aiutandoli così a non essere più soli.

La saggezza digitale

In generale, i due termini proposti da Prensky sono stati oggetto di molte critiche, poiché per esempio non tutti i giovani padroneggiano totalmente le più comuni competenze digitali. 

Prensky sottolinea quindi l’importanza di utilizzare le tecnologie digitali per aumentare le nostre abilità cognitive e per accrescere le nostre potenzialità. 

Per lui queste sono le caratteristiche della “saggezza digitale”.

Se sei interessato a questa e altre tematiche, seguici sulla nostra Community di Psicologi Digitali cliccando qui.

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