fbpx Skip to content

Emozioni nei videogiochi: che cos’è l’affective gaming?

«Ho lavorato alla creazione di videogiochi per più di 20 anni. In biologia si dice che ogni singolo essere umano sia il riassunto di milioni di anni di cambiamenti evolutivi accaduti alla specie fino ad oggi.

Allo stesso modo posso dire che, in maniera molto simile, l’evoluzione dei videogiochi rifletta lo sviluppo delle emozioni nell’umanità, dai suoi albori fino ad oggi»

(Will Wright, creatore di «The Sims»).

I primissimi videogames facevano appello ai nostri istinti più primordiali, originati nella porzione centrale del nostro encefalo, nel nostro più antico “cervello rettiliano”.

Nel tempo, la gamma emotiva dei giochi si è ampliata ben oltre l’istinto di aggressione per la sopravvivenza includendo meccanismi più sottili di empatia, crescita e creatività.

Proviamo a entrare nello specifico, analizzando un lavoro di Bernard Perron, esperto in affective gaming ed emozioni all’Università di Montreal.

Diversamente dal cosiddetto “intrattenimento lineare” (TV, radio, libri, musica), i videogiochi sono degli artefatti interattivi.

Come tali, l’utente esercita una certa influenza sul mondo virtuale che lo circonda e, in generale, sulla situazione in cui si trova mentre gioca. Questa abilità è chiamata agency.

Proprio per questo motivo – ci dice Perron – le emozioni che il gioco suscita nel giocatore vengono percepite in modo più realistico e intenso: è proprio il giocatore a scatenarle.

I giocatori hanno il potere decisionale (anche se non assoluto) su una certa situazione e, interagendo con il gioco, scrivono una storia all’interno dei margini sicuri della fantasia guidata e dell’episodio delimitato, che si apre e si chiude all’interno di un lasso di tempo preciso.

Questa storia è densa di emozioni.

Come definiamo un’emozione?

L’emozione è una manifestazione psico-fisiologica conscia, con le seguenti caratteristiche:

  • È definita sia come processo che come stato;
  • È connotata in senso edonico (può essere piacevole o spiacevole);
  • È utile a regolare l’interazione dell’individuo con l’ambiente.

Perron ci dice che le emozioni coinvolgono molti elementi diversi, dai cambiamenti fisici alle percezioni e ai pensieri, dalle disposizioni per sperimentarle al comportamento manifesto in reazione ad esse.

Il complesso di modificazioni corporee suscettibili alla risposta emotiva è detto arousal, la componente cognitiva che si attiva per valutare la situazione è detta appraisal.

Da una prospettiva più cognitivista la cognizione e le emozioni lavorano insieme. Le emozioni sono determinate dall’interazione tra una situazione e un individuo.

Le emozioni si diversificano tra loro in base alla valutazione (appraisal) che la persona ne dà rispetto alla situazione. Come affermano Frijda, LazarusFolkmann (alcuni tra i più famosi studiosi di emozioni, ndr.) ci sono due tipi di appraisal.

L’appraisal di base (primary apparaisal) consiste in una valutazione della situazione rispetto al proprio
interesse.

Una situazione che non è rilevante per una persona non eliciterà in lei nessun tipo di emozione.

Quindi, in un secondo momento (secondary appraisal), la persona valuta cosa deve o può essere fatto riguardo alla situazione.

Il processo prende in considerazione le opzioni disponibili rispetto alla gamma e all’efficacia delle capacità di coping del soggetto.

Secondo Grodal, la valutazione che il giocatore dà della propria capacità di coping determina le emozioni.

Di conseguenza, il confronto con un mostro sarà espresso come:

  • paura (la valutazione del potenziale di coping è moderata);
  • disperazione (se il giocatore sente di non possedere alcuna capacità di coping);
  • aggressione trionfale (se il giocatore sente di essere adeguatamente equipaggiato per la sfida).

Ovviamente, questa valutazione cambierà ogni volta, poiché la percezione di coping cambia in base agli apprendimenti del giocatore.

I videogames, dunque, simulano le emozioni in una forma che è più vicina alle esperienze tipiche della vita quotidiana rispetto ai film.

Le emozioni sono metaforicamente associabili a dei motori motivazionali che spingono all’azione ed etichettate dal giocatore rispetto alle sue capacità di coping attivo.

I videogames, secondo Tan, suscitano nei giocatori tre tipi di emozioni:

Fiction emotions (F emotions)

Le emozioni chiamate fiction emotions o F emotions sono legate al mondo immaginario e a tutto ciò che scaturisce al suo interno.

Anche se il giocatore sa di essere al sicuro e di non correre alcun rischio reale, non significa che l’esperienza di gioco non abbia su di lui un impatto emotivo molto forte.

Ovviamente, come Tan ci ricorda, farsi una passeggiata in Silent Hill non è esattamente la stessa cosa che aggirarsi nei quartieri corrotti di Grand Theft Auto o nei mondi fantastici di Final Fantasy.

Le fictional emotions sono di natura empatica: sono definite anche come witness emotions (emozioni da testimoniare); consistono nelle preoccupazioni e/o negli interessi dei personaggi protagonisti del gioco.

Secondo Tan, le situazioni che vivono i personaggi non possono essere completamente comprese dai giocatori.

Non si può fare nulla per l’omicidio della moglie e della figlia di Max o del complotto di cui è vittima Max Payne, ma il giocatore è portato a sperimentare la rabbia di Max e ad impegnarsi con lui per ottenere vendetta.

Artifacts emotion (A emotions)

Il secondo gruppo di emozioni identificato da Tan è relativo a tutte quelle manifestazioni emotive che derivano dall’estetica dell’artefatto in termini di caratteristiche tecniche (fluidità dei movimenti, grafica, dettagli etc.). Tan nomina queste emozioni artifact emotions o A emotions.

Un videogioco tecnologicamente avanzato, con una grafica curata, permetterà una maggiore immersività e ciò susciterà nei giocatori emozioni più forti e realistiche. Perron sostiene che l’estetica del videogioco deve contenere una componente di stupore.

Nel momento in cui un giocatore prende consapevolezza dell’artefatto in quanto forma di arte e creazione manipolata, l’oggetto dell’emozione non è più il mondo immaginario, ma il gioco come artefatto creato dall’uomo.

Riprendendo l’esempio di Perron, possiamo certamente provare meraviglia attraversando abbaglianti paesaggi 3D o muovendoci con l’illuminazione in tempo reale dei giochi Splinter Cell. Possiamo essere incantati davanti al physics engine di Half-Life 2.

Possiamo allo stesso modo stupirci di un contrattacco di un NPC che non abbiamo mai visto prima. Ma quando stiamo giocando ad un videogame, un cattivo design può deluderci parecchio, anche se ammiriamo la storia e l’intreccio.

Secondo Tan c’è una probabilità per cui più l’emozione risulta intensa, molto più facilmente un giocatore realizzerà che sta vivendo un’esperienza speciale, anche se ben consapevole che è di fronte ad un artefatto, qualcosa di non spontaneo né naturale.

Questo dovrebbe essere l’obiettivo degli artefatti interattivi, annoverati tra le arti della simulazione.

Gameplay emotions (G emotions)

Certamente – suggerisce Perron – la narrativa e l’artefatto giocano un ruolo importantissimo nei giochi story- driven. Ma essi non sono certamente la parte preponderante dell’esperienza emotiva durante il gioco.

L’aspetto più cruciale è dato dalle emozioni suscitate dalla modalità di gioco (in inglese gameplay). Stiamo parlando delle gameplay emotionsG emotions.

Esse sono le emozioni suscitate dalle nostre azioni condotte nel mondo fittizio in cui siamo immersi e dalle conseguenti reazioni del gioco alle nostre mosse.

Secondo gli studi di Nicole Lazzaro, più di 30 emozioni potrebbero venire elicitate a partire dal tipo di gameplay. Esse sarebbero completamente indipendenti da quelle elicitate dalla storia.

L’impatto del gameplay è oggetto di molte ricerche nell’ambito dell’affective gaming, una branca che studia l’attivazione fisiologica dei giocatori (arousal) durante il gioco.

A questo proposito si parla di adaptive gameplay per identificare il modo in cui i videogiochi rispondono agli stati emotivi dei giocatori, presupponendo l’importanza della loro esperienza personale.

Per concludere…

Come ricorda Perron nel suo lavoro,  la relazione tra videogiochi ed emozioni necessita di un’indagine più approfondita.

Questo perché i videogames sono considerati mood managers, cioè agenti che modificano l’umore delle persone che ne usufruiscono.

Dunque, sia che ci si riferisca a stati transitori di pochi secondi, sia che l’emozione persista per tutta la durata del videogioco il giocatore partecipa a un’esperienza di eccitazione autocontrollata senza un oggetto preciso e tale interazione è senza dubbio di interesse scientifico.

Bibliografia

Frijda, N.H. The Emotions, Cambridge University Press, Cambridge, 1986.

Grodal, T. “Stories for Eye, Ear, and Muscles: Video Games, Media, and Embodied Experiences,” in M.J.P. Wolf and B. Perron (Eds.), The Video Game Theory Reader, Routledge, New York, 2003, pp.129-155.

Grodal, T. (2000). “Video Games and the Pleasure of Control” in D. Zillmann and P. Vorderer (Eds.), Media Entertainment: The Psychology of Its Appeal, Lawrence Erlbaum Associates, Mahwah, N.J., pp. 197-213

Lazarus. R.S., & Folkman, S. Stress, Appraisal and Coping, Springer Publishing Company Inc., New York, 1984.

Lazzaro, N. “Why We Play Games: Four Keys to More Emotion Without Story

Perron, B. (2005), A Cognitive Psychological Approach to Gameplay Emotions, DiGRA International Conference: Changing Views: Worlds in Play, Vol.3

Tan, E.S. (1996). “Emotion and the Structure of Narrative Film: Film as an Emotion Machine“, Erlbaum, Mahwah, NJ.

 

Questo articolo ha 0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Torna su
Cerca