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Il primo videogame per lo studio dei disturbi cognitivi nella Sclerosi Multipla

Il primo videogame per lo studio dei disturbi cognitivi nella Sclerosi Multipla

L’utilizzo dei videogiochi è una pratica assai sperimentata in contesti come formazione, business, marketing e psicologia, e anche nella valutazione di patologie complesse. È questo il caso del primo videogame per lo studio dei disturbi cognitivi nella Sclerosi Multipla.

Ad esempio, il Training cognitivo ha sviluppato una branca particolarmente innovativa focalizzata sull’applicazione dei meccanismi legati ai videogiochi per coinvolgere i pazienti e generare benefici in termini di motivazione e aderenza.

Questa è la cosiddetta Gamification, una tecnica che, se applicata in modo corretto e con costanza, promette una valida alternativa ad una riabilitazione tradizionale su carta e penna.

Tutto ciò per sottolineare come, non essendoci una cura farmacologica risolutiva per diverse patologie, è essenziale ricercare tecniche riabilitative innovative e comprovate che si possano applicare nelle fasi precoci della malattia.

E questo vale anche in una prospettiva di mantenimento delle abilità cognitive residue allo scopo di migliorare la qualità di vita di questi pazienti e dei loro famigliari.

L’originale progetto dell’Università di Verona

C’è però chi ha provato addirittura ad andare oltre al fine riabilitativo provando a servirsi dei videogiochi per svolgere una vera e propria diagnosi. 

Parliamo del gruppo di ricerca guidato da Massimiliano Calabrese, docente di Neurologia nel dipartimento di Neuroscienze, Biomedicina dell’Università di Verona.

In particolare, i ricercatori hanno messo a punto un videogame in grado di riconoscere precocemente i segni di una disfunzione cognitiva nella Sclerosi Multipla prima che i classici test riescano a individuarli. 

Lo stesso ateneo ha finanziato lo studio, con un sostegno da parte di Biogen Idec, ed è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica Brain Sciences.

Un videogame semplice ma efficace

Calabrese e colleghi hanno testato il videogame su un totale di 71 partecipanti. Tra questi:

  • 51 soggetti potenzialmente esposti che fino a quel momento non avevano mostrato alcun segno di deterioramento cognitivo nei classici test carta-matita
  • 20 soggetti neurologicamente sani.

Il gioco consiste nel riconoscere rapidamente le figure indicate, ad esempio distinguendo il poliziotto dal malfattore.

Diversi sono i fattori che il videogioco ha dimostrato di saper valutare:

  • velocità di elaborazione delle informazioni e di risposta
  • attenzione sostenuta,
  • capacità di concentrazione,
  • accuratezza

I risultati hanno mostrato risvolti sorprendenti e promettenti.

In primis perché il videogame, in modo semplice e divertente, ha evidenziato alcuni precocissimi segnali di deterioramento cognitivo. Questo succedeva anche laddove i classici test cognitivi finora in uso non evidenziavano alcuna disfunzione

Ma il videogioco non si limita a questo.

Infatti, riesce a monitorare le performance del paziente indicando eventuali segni di progressione della malattia e individuando quali sono i “punti critici” del paziente. 

Questo aspetto permetterà in futuro di creare dei livelli di gioco “personalizzati” avviando così un percorso riabilitativo specifico in una fase molto precoce della malattia.

Uno sguardo al futuro

Infine, un’ultima considerazione (ma non meno importante).

A differenza dei classici test cognitivi che hanno bisogno di personale qualificato che supervisioni il processo, questo è un videogame che il paziente può giocare anche da solo e dove vuole. 

Il gioco funziona per ora su tablet ed in futuro sarà possibile giocarci anche su smartphone.

Così come è stato inventato il primo videogame per lo studio dei disturbi cognitivi nella Sclerosi Multipla, il prossimo obiettivo è quello di ideare giochi per indagare altre patologie.

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